martedì 9 marzo 2010

Il lato oscuro della Grande Anima

Pezzo pubblicato su Out of the Blue

Ero in giardino che stavo curando le mie piantine di marijuana, e quando dico curare intendo proprio cambiargli la terra, dargli l'acqua, cercare l'esposizione migliore, insomma tutto quello serve per fare in modo che crescano sane e belle. Dicevo, stavo curando le mie piantine di marijuana quando mi è arrivato un sms. Era Alex, il mio amico ginecologo abusivo in Antartide. Il messaggio diceva semplicemente “S. K. Abhilash – 72 Nimtala Ghat St, Calcutta – India. Vacci a parlare”.
L'ho trovato subito interessante. Alex ha molto tempo libero, non ci sono molte donne da visitare in Antartide. Soprattutto non ci sono molte donne disposte a farsi visitare da lui. E allora studia, si informa e mi coinvolge in questa che ha definito la sua rivoluzione culturale. “La nostra rivoluzione culturale, Jean!”, mi ha detto una volta lanciandomi una ghiandola del Bartolini.
Dunque appena letto il messaggio ho salutato la ragazza legata al letto, sono salito sulla mia Citroen grigia e sono partito per Calcutta.
E ora sono qui, davanti al 72 di Nimtala Ghat St., con la curiosità di un giovane rivoluzionario.
Suono alla porta.


- Chi è?

- Io.


La porta si apre su un salottino sgangherato. La donna che mi ha aperto è sulla trentina. Sono ipnotizzato da quel pallino rosso che ha in fronte, mi capita spesso.


- Cosa vuole?

- Sto cercando Abhilash, abita qui?

- E' mio marito.

- Posso parlargli?

- La smette di fissarmi il pallino?

- Certo, mi scusi. Posso parlargli?

- Venga.


La casa ha uno strano odore, direi un misto tra ruggine e pera. La donna mi fa strada tra una dozzina di ragazzini silenziosi fino ad una stanzetta in penombra. Lì, immobile su un lettino, c'è un vecchio con lunghi capelli bianchi e la barba altrettanto lunga e ingiallita dal fumo. Indossa una lunga veste blu.


- Lei è il signor Abhilash?

- Sì, lei chi è?

- Mi chiamo Jean Gerino.

- Perché è venuto da me?


Mica lo so perché sono venuto da lui. Posso dirgli che ho ricevuto un sms da un amico ginecologo abusivo e mi sono precipitato fin qui da Roma? Mi prenderebbe per pazzo. Mi siedo e provo a fingermi attirato da una qualche forza spirituale, in fondo il vecchio sarà un cazzo di mistico o roba del genere.


- Me lo dica lei perché sono qui, signor Abhilash – dico fingendo di avere in mano una pipa.

- Lei è qui per sapere di Gandhi.


Ha funzionato, sono qui per sapere di Gandhi. Ma che c'è da sapere di Gandhi? Ho sempre trovato la sua vita noiosa. Per carità, un sant'uomo; però interessante come una gara di bob a 4.


- Mi parli del Mahatma, signor Abhilash.

- Secondo lei quanti anni ho?

- Non lo so, settanta, settantacinque.

- Centoventisei.

- Complimenti.

- Io e Gandhi ci siamo frequentati per molto tempo dopo che lui è tornato dal Sudafrica. Io ero, come dire, il suo braccio destro. Scrivevo i suoi discorsi, organizzavo i suoi spostamenti. Questo finché ho avuto la pazienza di sopportarlo, poi non ce l'ho fatta più.

- Cosa sta cercando di dirmi?

- Gandhi era un pezzo di merda.

- Mi scusi?

- Ha capito bene, Gandhi era uno stronzone: vessava me e tutti gli altri collaboratori, era instabile e bugiardo.

- Il Mahatma!?

- Picchiava la moglie quasi ogni giorno, beveva: una vera merda.

- E la sua attività politica? Il movimento non violento?

- Gli permetteva di viaggiare, era un'ottima copertura per il traffico di droga. Lei avrebbe mai fermato Gandhi alla dogana?

- Io mai!


Abhilash prende una campanella e la scuote con forza. Subito arriva la moglie che lo gira su un fianco e gli solleva la veste fino scoprire il culo più grinzoso mai visto. E ne ho visti di culi grinzosi.


- Guardi qua – indica dei segni violacei che si incrociano tipo linee di Nazca - è stato lui. Una sera frustò a sangue me ed altri tre collaboratori. E solo perché era rimasto senza sigarette.


Avvicino la faccia per vedere meglio. Improvvisamente realizzo che mi trovo a settemila chilometri da casa, in un appartamento che puzza di pera arrugginita, a guardare il culo a un vecchio. E la cosa mi piace. Abhilash mi vede dubbioso.


- Lei non mi crede, vero?

- Le credo, signor Abhilash. Sono soltanto un po' sorpreso.

- No, lei è il tipico occidentale restio ad abbattere le sovrastrutture edificate dai condizionamenti culturali. Svelto, mi ricopra il culo!

- Io coltivo marijuana.

- Vada, Gerino, torni alle sue certezze.

- Ancora un cosa...

- Vuole chiedermi il permesso di sposare mia figlia di sette anni?

- Cazzo, no!

- Allora vada, la prego.


La donna pallino-munita mi accompagna alla porta e mi saluta con un cenno del capo. L'aria di Calcutta mi avvolge con puzze varie. Il vecchio ha ragione, i miei schemi mentali sono rigidi, magari diversi dalla maggioranza delle persone ma sempre schemi sono. Non lo so se sono pronto per la rivoluzione culturale. E poi in cosa consista questa rivoluzione culturale Alex non me l'ha mai detto. Cammino verso la macchina accompagnato da una sensazione di crescente malessere. In fondo ho appena attraversato una realtà disturbante, pacifisti violenti, spose bambine, culi di dubbio gusto. Ho bisogno di maturare e di aprirmi alla bellezza. Non conosco il nome della ragazza che mi aspetta a casa ma la prima cosa che farò, quando la vedrò, sarà cucinare qualcosa di buono per lei. Poi la slegherò dal letto.

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