lunedì 25 gennaio 2010

Il gioco di Piero

Pezzo contenuto nel n. 26 di ScaricaBile.



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Ciao Nathalie, grazie per la disponibilità all'intervista.

Ciao, grazie a te.

Sono passati alcuni mesi dallo scandalo Marrazzo e la situazione qui a Via Gradoli sembra tornata alla normalità. E' così?

Sì, adesso non sono più assediata dai fotografi, diciamo che la tempesta è passata, anche se ha lasciato il segno.

Sapevi che proprio qui dove ci troviamo ora, a via Gradoli 96, c'era un covo delle Brigate Rosse durante il sequestro Moro?

No, non lo sapevo. Ho conosciuto questa storia leggendo i giornali durante lo scandalo.

Cioè, Moro non era qui, qui c'era Mario Moretti che era...

Sì, ho capito.

E cosa hai pensato?

Niente, sono fatti di molti anni fa. Ma finalmente ho capito una cosa.

Cosa?

Ho capito il gioco di Piero.

Cioè?

Cioè sono riuscita a spiegarmi le sue perversioni.

Me ne puoi parlare?

E' cominciato tutto circa un anno fa. Una mattina è venuto presto, sembrava molto agitato, e invece di spogliarsi e farsi sculacciare con “L'Unità” come al solito, ha preferito chiudersi da solo nello sgabuzzino, quello lì nel corridoio.

E tu che hai fatto?

Io ho bussato e gli ho chiesto se avesse qualche problema. Lui, senza rispondere, mi ha passato un biglietto da sotto la porta.

Un biglietto?

Sì, con scritto di non fare domande, che sarebbe rimasto lì dentro fino alla sera.

E poi?

Niente, io ho continuato a ricevere i miei clienti mentre Piero era nello sgabuzzino.

E che ha fatto là dentro?

Non lo so. Quel giorno è andata così, verso le 19:30 mi ha pagato e se ne è andato.

Questo fatto si è ripetuto altre volte?

Sì, e Piero ogni volta aggiungeva dei dettagli. Ho capito che stava elaborando un gioco erotico.

Qual era questo gioco erotico?

Più o meno aveva sempre la stessa trama. Lui veniva la mattina presto, con la barba non fatta e i capelli spettinati ed entrava nello sgabuzzino. Dopo qualche minuto io dovevo entrare e fargli una foto mentre teneva in mano un giornale. Poi io uscivo e lui restava dentro a scrivere delle lettere.

Che lettere?

Lettere. Me ne ricordo una a un certo Zaccardini.

Zaccagnini.

Sì, scusa.

E poi?

E poi niente, restava nello sgabuzzino tutto il giorno. Piero non stava bene.

Perché lo dici?

Una volta ero con un cliente e all'improvviso lo abbiamo sentito urlare “NON TRATTANO, NON TRATTANO”. Per fortuna il mio cliente era un sacerdote, lo ha calmato facendogli credere che avrebbe messo una buona parola con il Papa.

Come finiva la giornata?

Sempre nello stesso modo: verso le sette di sera dovevo entrare nello sgabuzzino e bendarlo. Poi dovevo dirgli...aspetta, ce l'ho scritto qui...ecco, “Lo Stato delle multinazionali ha rivelato il suo vero volto, senza la maschera grottesca della democrazia formale è quello della controrivoluzione imperialista armata, del terrorismo dei mercenari in divisa, del genocidio politico delle forze comuniste. Concludiamo la battaglia iniziata il 16 marzo, eseguendo la sentenza a cui lei, Presidente, è stato condannato”.

E poi?

Poi dovevo sborrargli addosso. Lui si accasciava e io dovevo trascinarlo fino alla sua macchina e metterlo nel bagagliaio. Un'ammazzata.

Qualche altro episodio da riferire?

Una volta mi sono dimenticata di Piero nello sgabuzzino e sono partita per San Paolo. Sono tornata dopo una settimana e l'ho trovato davvero deperito, ma anche molto molto eccitato.Questo gioco per Piero era diventato un'ossessione e ogni volta lo arricchiva di particolari. L'ultima volta ha voluto che lo andassi a prendere a Via Fani ed è rimasto da me per un mese e mezzo.

Per quanto tempo è andato avanti questo gioco?

Finché non è scoppiato lo scandalo.

Bene, direi che la nostra intervista può terminare qui. Ora succhiamelo.











Sììììì.

Sono stata brava? Sput.

Bravissima. Solo quando hai detto Zaccardini mi sono un po' smontato.

Lo so, scusa. Sput.

La prossima volta potremmo fare il gioco della conferenza stampa. Che ne dici?

Ok.

Ciao Nathalie.

Ciao Piero.

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